Troppa acqua o troppo poca. La fotografia attuale del pianeta Terra, osservabile anche dai satelliti, a inizio anno mostra un mondo diviso in due tra eventi di siccità estrema – come in Argentina, Italia, centro Europa o Corno d’Africa – e alluvioni devastanti che dalla Nuova Zelanda sino al Brasile stanno sconvolgendo la vita di milioni di persone.

Perché in alcune aree non nevica? O perché piove troppo? Quanto incide la crisi climatica? Nel tentativo di rispondere a queste domande va detto che nelle condizioni estreme che stiamo vivendo anche nel 2023 appena iniziato c’è quasi sempre di mezzo lo zampino del riscaldamento globale innescato dall’uomo che sta amplificando l’intensità dei fenomeni meteo, anche se in alcuni casi a incidere maggiormente possono essere i fenomeni oscillatori come La Niña o El Niño.

Alluvioni in Brasile e Nuova Zelanda

In Brasile per esempio nelle ultime ore le piogge sempre più intense nelle zone costiere del sud est stanno causando inondazioni e frane, con quasi quaranta vittime già accertate, l’evacuazione di centinaia di persone in corso nello stato di San Paolo e diversi eventi del famoso Carnevale annullati in varie città dove erano attesti migliaia di turisti. In un solo giorno sono caduti oltre 600 mm di pioggia, fra le quantità più alte per il Brasile in questa stagione e registrate in così poche ore: il 50% dei disastri naturali nel Paese sudamericano è solitamente legato alle alluvioni e in questo caso è ancora presto per comprendere quanto la crisi del clima abbia inciso. Diversi studi però hanno trovato in passato una forte correlazione tra precipitazioni estreme e cambiamento climatico: per esempio le inondazioni letali del 2020 nella regione del Minas Gerais sono state rese più probabili del 70% dal riscaldamento indotto dall’uomo.

 

Anche la Nuova Zelanda sta vivendo giorni drammatici tra massicce inondazioni e il ciclone Gabrielle. Dodici le vittime, migliaia di persone senza elettricità e numerosi danni a case e infrastrutture: in questo caso il ministro del Cambiamento climatico, James Shaw, si è sbilanciato indicando la crisi del clima come principale causa della potenza delle alluvioni. Per gli scienziati neozelandesi parte degli impatti più potenti dei fenomeni meteo, compresi i cicloni, potrebbe essere legato ad acque oceaniche sempre più calde e un rilascio di energia maggiore e più duraturo rispetto al passato.

Siccità intensa in Argentina e in Italia

L’Argentina, così come il vicino Cile toccato da incendi devastanti, sta invece sperimentando un livello di siccità tra i peggiori degli ultimi 60 anni. Il fiume Paranà è a livelli bassissimi, con giganteschi impatti ad esempio sulla produzione di energia idroelettrica, ma è soprattutto l’agricoltura ad essere in ginocchio: crollano i raccolti di soia, mais e grano e il mercato degli allevamenti. I produttori potrebbero subire un danno economico stimato in oltre 10 miliardi di dollari con gravissime ripercussioni su una economia nazionale che si basa sul reddito delle zone rurali.

 

Studi che hanno analizzato i dettagli degli ultimi dodici mesi di siccità in Argentina sostengono però che la crisi del clima non è la causa principale della carenza d’acqua. Certo, amplifica i fenomeni meteo, ma ad incidere sarebbe stata soprattutto La Niña, evento climatologico che aumenta la probabilità di temperature elevate e precipitazioni inferiori nella regione e che si è verificato per il terzo anno consecutivo. Le intense ondate di caldo aumentano i livelli di evapotraspirazione, riducendo la quantità di umidità disponibile nei suoli e peggiorando gli impatti sulle colture.

 

In Kenya la siccità uccide gli animali

Nel giorno dell’apertura della conferenza Onu sulla biodiversità in Canada, dal Kenya giunge la drammatica notizia di una strage di migliaia di elefanti, bufale e zebre nei parchi nazionali a causa della peggior siccità degli ultimi 40 anni.

La combinazione degli effetti de La Niña e della crisi climatica è anche quella che sta stravolgendo la vita di milioni di persone nel Corno D’Africa dove dal Kenya alla Somalia si sta sperimentando la siccità più estrema degli ultimi 40 anni e che non accenna a finire, portando morte e fame. Nel frattempo, poco più a sud, in questi giorni è allarme anche per il ciclone Freddy, di categoria 4, che potrebbe portare morte e devastazione in Madagascar.

L’Italia a secco

Anche l’Italia sta sperimentando in questo inizio anno una siccità preoccupante, soprattutto per risorse idriche e raccolti, tale da far pensare che se non arriveranno piogge a primavera potremmo toccare livelli peggiori del 2022, quando la siccità estiva fece 6 miliardi di danni per l’agricoltura (stime Coldiretti).

 Il Po in alcune zone è in secca (-3,3 metri rispetto allo zero idrometrico nel piacentino), il Lago di Garda a livelli quasi mai visti durante l’inverno e a metà febbraio nello Stivale si registra quasi la metà della neve media attesa in meno, raccontano i dati della Fondazione Cima. Al Nord, sul bacino del Grande Fiume, i deficit in termini di neve sono ormai del 61% e in Piemonte, come come mostrano le mappe del servizio Hydrology IRPI-CNR, l’assenza di precipitazioni è davvero drammatica: non piove in maniera insistente e duratura da oltre 400 giorni.

 

Già, ma quali sono i motivi per cui non piove  o nevica in Italia e quanto incide la crisi del clima?

In questi giorni a portare temperature più elevate e tempo stabile è stato l’anticiclone che in diverse zone di Europa ha fatto registrare anche in quota temperature intorno ai 20 gradi.

 

Antonello Pasini, fisico del clima del Cnr, spiega a Green&Blue che “l’aumento del riscaldamento globale di origine antropica fa in qualche modo cambiare non  solo le temperature medie ma anche la circolazione. Nel Mediterraneo è successo proprio questo: la circolazione che prima era da ovest a est quasi sempre – o con gli anticicloni delle Azzorre o con le perturbazioni di origine atlantica – ora si è portata sempre di più sulla direttrice sud-nord e viceversa.

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Come impatta tutto ciò? Per esempio sulle Alpi nevica se arriva aria da sud, ma adesso l’aria che giunge dalla circolazione sud-nord è più calda di prima e questo fa sì che nevichi solo a quote più elevate o che cambino le perturbazioni. Di conseguenza perdiamo 300-400 metri di neve, ovvero diciamo addio alle risorse idriche per esempio fondamentali per il Po e la Pianura Padana, che ricordiamo dipendono più dalla neve che dalla pioggia. Quando invece arrivano le circolazioni da nord queste finiscono per impattare sulle Alpi e la conseguenza è che non nevica da noi ma sul versante est europeo. A mio avviso dunque la siccità che si sta configurando in Italia è legata a questi cambi di circolazione, fenomeni collegati al riscaldamento globale”.

La conferma è anche in uno studio portato avanti dai ricercatori dell’Università di Bologna e del CNRS francese e pubblicato su Environmental Research Letters, che ha analizzato la siccità italiana del 2022 con conclusioni simili: “Persistenti condizioni anticicloniche e il riscaldamento globale antropico hanno avuto un ruolo importante nell’esacerbare l’eccezionale siccità che ha colpito l’Europa occidentale e l’Italia nel 2022″.

 

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Come spiega Salvatore Pascale del Centro per la Sostenibilità e i Cambiamenti Climatici della Bologna Business School l’anomalia anticiclonica persistente sull’Europa occidentale è stata “esacerbata dal cambiamento climatico causato dall’uomo, con anomalie di pressione atmosferica più grandi e più estese e temperature più elevate alla superficie. Questo ha portato ad un aumento della zona colpita dalla siccità e ad un’intensificazione dell’aridificazione del suolo attraverso l’evapotraspirazione“.

Un mix di fattori, legati al cambio di circolazione e l’impatto della crisi climatica, che secondo il gruppo leader mondiale nell’analisi dei rischi fisici in relazione al clima XDI (The Cross Dependency Initiative), sta colpendo soprattutto il Nord e il Nord-ovest italiano. In un report appena pubblicato viene infatti indicato come Veneto, Lombardia e Emilia-Romagna siano oggi al quarto, quinto e ottavo posto della classifica delle regioni europee in assoluto più esposte agli eventi meteorologici estremi e al cambiamento climatico.