Chi tirerà fuori i soldi per le case green che “ci chiede l’Europa”? Il dibattito è aperto da quando venerdì scorso l’Ecofin ha approvato il provvedimento proposto dalla Commissione Ue. E anche da fronti che non ti aspetti arrivano critiche che suonano come un de profundis: il governo Meloni avrà gioco facile a disattendere le richieste europee in fatto di efficientamento energetico del patrimonio edilizio nazionale. Il ragionamento è questo: se il superbonus del 110% è costato allo Stato quasi 130 miliardi di euro e ha inciso su una piccolissima percentuale di abitazioni, come è possibile immaginare una operazione che coinvolga tutte le case italiane, quando i fondi europei sono pochi e l’Italia brilla per non saperli spendere, le casse dello Stato sono vuote, i singoli cittadini nella maggior parte dei casi non vorranno accollarsi l’onere economico dell’efficientamento energetico? Il provvedimento, passato con il voto favorevole di tutti i ministri economici europei, fatta eccezione per l’italiano Giorgetti e il suo collega ungherese, non obbliga i cittadini del vecchio continente a ristrutturare le loro abitazioni. Chiede piuttosto ai singoli governi di calcolare il consumo energetico medio dell’intero patrimonio immobiliare e di definire un piano da qui al 2050 per ridurre progressivamente tale consumo, fino ad avere emissioni zero, ma con una tappa intermedia al 2030 (-16%). E suggerisce possibili vie da intraprendere per raggiungere tale obiettivo. Tra l’altro il testo a cui venerdì scorso ha votato no Giorgetti era stato rivendicato come un successo italiano dal ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, che era riuscito a fare escludere gli edifici storici.

Resta comunque la domanda: chi ci metterà i soldi? “Gli stessi che altrimenti pagheranno, oltre a bollette energetiche vertiginose, anche sempre di più per riparare i danni delle catastrofi naturali legate a clima: i contribuenti”, risponde il presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani. “Nell’ultimo anno due eventi, l’alluvione in Romagna e quello più recente in Toscana, costeranno alla collettività 12 miliardi di euro, la metà della legge di bilancio del 2023, vale a dire centinaia e centinaia di euro per ogni singolo contribuente italiano. E stiamo parlando solo di due episodi. Se non faremo nulla, la scienza ci dice che aumenteranno e che dovremo spendere sempre di più in termini di perdite e danni“.

La conferma, a livello planetario, arriva oggi da un attesissimo studio pubblicato su Nature e realizzato dall’Istituto di Potsdam per le ricerche sugli impatti dei cambiamenti climatici, diretto da uno degli scienziati più celebri in questo campo, Johan Rockström.

Ma, anche senza dover evocare i costi degli eventi meteo estremi, c’è una convenienza per i contributi legata al risparmio per le bollette. “Se parliamo di costi energetici, negli ultimi due anni il governo ha dovuto sborsare 80 miliardi di aiuti per le famiglie e le imprese a causa della crisi del gas. Quanto avremmo potuto risparmiare se prima avessimo investito in efficienza energetica?”, si chiede Francesca Andreolli, ricercatrice senior di Ecco, il think tank italiano per il clima. “Una casa in fascia energetica A costa in termini di bollette 10 volte meno di una in fascia G, lo dice l’Enea. E sul mercato immobiliare ha un valore del 40% più alto. A ben guardare, non è l’Unione europea a chiederci di investire nell’ammodernamento del nostro patrimonio edilizio, quanto proprio il mercato”.

Resta il problema dei soldi e lo spauracchio del superbonus. “Il 110% non è il modello migliore da cui partire“, spiega Andreolli, “visti i fenomeni speculativi che lo hanno caratterizzato”. Sulla stessa linea Ciafani: “Se usiamo le stesse regole del superbonus è chiaro che le case green non ce le possiamo permettere. Gli aiuti pubblici vanno differenziati in base al reddito. Per una volta sono d’accordo con il ministro Pichetto Fratin, che in una recente intervista, a commento del provvedimento sulle case green, ha detto cose che mi sento di sottoscrivere, per aiutare i privati mettendo in sicurezza i conti pubblici. Ha infatti parlato di ‘strumenti fiscali per contribuenti che hanno redditi elevati, quindi una detrazione con aliquota da definire’, mentre per chi ha redditi bassi si può pensare a un contributo diretto dello Stato. Per non ripetere gli errori del 110% vanno privilegiate le prime case e non le villette al mare in cui si vive un mese all’anno, e si deve investire in tecnologie che davvero contribuiscono all’efficientamento energetico e quindi alla decarbonizzazione. Insomma piccolissimi aiuti a chi la ristrutturazione se la può permettere anche da solo, e incentivi alle pompe di calore invece che alle caldaie a gas”.