Immaginate di dover descrivere i luoghi che vi trovate ad attraversare. Ci sono dei parchi? Degli alberi? Sono tutti uguali questi alberi? C’è magari anche uno specchio d’acqua nelle vicinanze? E i fiori? Qualche stradina sterrata? Considerate poi come vi sentite in quel momento. E ripetete l’esercizio diverse volte al giorno. Avrete così realizzato il setting di un esperimento, quello che è servito ad alcuni ricercatori per capire che più abitiamo posti ricchi di biodiversità meglio ci sentiamo. Un nuovo sottocapitolo della ricerca che ormai da anni dimostra come abitare o frequentare la natura produca dei benefici sul benessere delle persone, appena pubblicato sulle pagine di Scientific Reports.

L’esercizio in questione è stato svolto su un totale di circa 2000 partecipanti che hanno preso parte a uno studio condotto dai ricercatori del King’s College London grazie all’aiuto di una app per smartphone (Urban Mind) messa a punto proprio nel college, in collaborazione con architetti ed esperti di arte. La app consente di mappare l’esperienza delle persone mentre si muovono in spazi diversi, chiedendo appunto (tre volte al giorno) di descriverli (come sopra) e di registrare anche i loro stati d’animo (quanto si sentissero tristi, soli, rilassati o felici per esempio), per un paio di settimane. Oltre questo ai partecipanti veniva chiesto anche di registrare audio o scattare foto dei posti in cui si trovavano, nell’intento di invogliarli a partecipare, raccontano gli scienziati.

Anche se si trattava infatti di sole due settimane, non è scontata l’aderenza allo studio, tutt’altro: in effetti solo una piccola parte dei duemila partecipanti inclusi nelle analisi finali aveva completato buona parte delle valutazioni attese (duemila sono stati quelli che avevano completato almeno un quarto di quelle previste). “Per quanto ne sappiamo, il nostro è il primo studio a indagare l’impatto della diversità degli ambienti naturali sul benessere mentale delle persone durante le loro attività quotidiane”, si legge nel paper.

Questa prima volta ha consentito agli autori di confermare in parte quanto già noto – l’associazione positiva tra ambienti naturali e benessere mentale – ma anche di aggiungere qualcosina in più. Parliamo sempre di correlazioni, ma a fare bene – almeno analizzando le risposte date dai partecipanti – era sì la natura, ma soprattutto quella più ricca, in termini di biodiversità. Questo benessere accompagnava le persone anche nelle ore a seguire, almeno otto, spiegano gli autori.

Pur con tutti i limiti dello studio – il campione analizzato è giovane, generalmente con un elevato livello di istruzione e le misure di biodiversità non sono per così dire “scientifiche” ma approssimative – il messaggio che lancia la ricerca è chiaro, a detta degli autori, soprattutto in ottica di sviluppo urbanistico. “Il nostro studio – concludono gli autori – evidenzia l’importanza di considerare sia l’accessibilità degli ambienti naturali che la ricchezza di biodiversità al loro interno nel progettare spazi finalizzati al miglioramento della salute mentale”. Bilanciando, ovviamente, esigenze diverse: quelle di ambienti funzionali, confortevoli e sani, evitando cioè che hotspot di biodiversità cittadina diventino fonte di malattie, per esempio.