Di più non vuol dire sempre meglio. Soprattutto quando si parla di cibo. Se da un lato, infatti, la sicurezza alimentare nel mondo ha fatto importanti progressi negli ultimi decenni (almeno fino allo scoppio della pandemia di Covid 19), con molte più persone, in molti più Paesi, che hanno a disposizione una quantità di alimenti sufficiente (o anche eccessiva). Dall’altro la qualità della dieta globale non sembra invece migliorata poi molto. È l’avvertimento che arriva da uno studio appena pubblicato su Nature Food dai ricercatori della Friedman School of Nutrition Science and Policy della Tuft University.

L’interesse dei ricercatori non è puramente accademico. La cattiva alimentazione – ricordano – è infatti una delle principali cause di malattia dei nostri tempi, responsabile, globalmente, del 26% di tutte le morti prevenibili. È quindi urgente la necessità di politiche indirizzate a promuovere la sana alimentazione un po’ ovunque. E conoscere chi, e dove, potrebbe giovarne maggiormente può essere fondamentale per ritagliare al meglio interventi legislativi e campagne di informazione in favore di una dieta salutare.

Per questo, gli scienziati hanno deciso di analizzare come sia cambiata negli ultimi decenni la qualità dell’alimentazione umana in tutto il mondo. Utilizzando i dati raccolti nel Global Dietary Database, un ampio database che custodisce i risultati oltre 1.100 sondaggi relativi alle abitudini alimentari degli abitanti di 185 Paesi lungo un arco temporale che va dagli anni ’90 al 2018, hanno realizzato un’accurata mappatura dell’alimentazione seguita da adulti e bambini in giro per il mondo. Utilizzando quindi una scala nota come Alternative Healthy Eating Index, hanno assegnato ad ogni nazione e regione del Pianeta un punteggio che esprime la qualità della dieta degli abitanti, su una scala che va da 0 a 100.

Le medie regionali hanno mostrato zone più problematiche, come l’America Latina ferma a 30,3 punti, o il raggruppamento dei Paesi ad alto reddito, con una media inferiore ai 40 punti. E aree come l’Asia del Sud (45,7) dove le medie tendono invece a essere più elevate. La media mondiale si attesta attorno a 40,3. A livello nazionale, i Paesi con i punteggi migliori di qualità dell’alimentazione sono risultati il Vietnam, l’Iran, l’Indonesia e l’India, mentre i peggiori sarebbero Brasile, Messico, Stati Uniti ed Egitto.

Nei 30 anni presi in considerazione nella ricerca, il miglioramento dello stile alimentare globale è risultato inoltre modesto, nonostante molte nazioni abbiano sperimentato un aumento della disponibilità e dei consumi di alimenti salutari. “Nonostante l’utilizzo di legumi, frutta secca e vegetali sia aumentato nel tempo, il miglioramento generale della qualità dell’alimentazione è stato frenato da un corrispondente aumento di alimenti poco sani, come carne rossa, bevande zuccherate e sale“, spiega Victoria Miller, tra i ricercatori che hanno partecipato allo studio.

Guardando ai fattori socioeconomici che influenzano la qualità della dieta, gli anziani sembrano seguire, un po’ ovunque, un’alimentazione più sana rispetto alle fasce più giovani della popolazione. Anche i livelli di educazione e la maggiore disponibilità economica sono risultati correlati ad una migliore alimentazione. “In media, un po’ ovunque, i bambini piccoli sembrano seguire una dieta più sana, che peggiora però velocemente quando crescono”, conclude la ricercatrice. “Questo suggerisce che la prima infanzia sia uno dei momenti più cruciali per realizzare interventi che incoraggino a sviluppare e mantenere preferenze alimentari sane anche nel corso dell’età adulta”.