Sei mesi prima dello sciopero globale per il clima del 15 marzo 2019, tra i corridoi di Fisica della Statale di Milano, il riscaldamento globale era già un sorvegliato speciale. “Era il 2018 – ricorda Sergio Marchese, milanese oggi 26enne – e facevo parte del collettivo di facoltà. Avevamo letto il report Ipcc e abbiamo realizzato quanto avrebbe cambiato la percezione della gravità della crisi climatica. Era quello il grande problema su cui mettere la testa. Volevamo dare un contributo”.

Con il collettivo Stefano ha organizzato conferenze con climatologi e scienziati, si è avvicinato ai Fridays for Future e con altri 100mila giovani è sceso in piazza. “Sapevo della crisi climatica, ma il 2019 è stato davvero l’anno della presa di coscienza. E della svolta: sono sempre stato attivo sulle questioni sociali, ma sulla scia del discorso di Greta Thunberg alla Cop24 di Katowice ho capito che il clima doveva essere la mia prima preoccupazione. Per questo mi sento a tutti gli effetti un Fridays for Future”.

Così da quelle aule di Fisica che hanno ospitato anche la prima assemblea nazionale del movimento, Stefano continua a battersi per contrastare il cambiamento climatico. Ora sta organizzando il prossimo sciopero globale del 25 marzo che a Milano partirà da largo Cairoli, il luogo per antonomasia delle manifestazioni.

I giovani attivisti marceranno contro i due problemi principali di Milano: la qualità dell’aria e il consumo di suolo. “Ogni anno l’inquinamento causa migliaia di morti premature”, sottolinea Stefano. Un problema ancora più grave, se si pensa al momento storico che stiamo vivendo. “Lo smog e le sostanze tossiche – continua – hanno intaccato anche i polmoni delle persone sane, rendendole più vulnerabili al Covid. Un destino che condividiamo con la Lombardia e la pianura Padana intera, dove per l’alta presenza di industrie e per la morfologia del territorio l’inquinamento è altissimo”.

Come altissimo è il tasso di cementificazione di Milano. “In città il suolo vergine viene ridotto di anno in anno. La sua importanza è assolutamente sottovalutata dall’amministrazione locale”, sostiene Stefano. “Un metro quadrato di suolo conserva biodiversità, assorbe l’acqua piovana e grazie agli alberi produce ossigeno e mantiene stabili le temperature“. Caratteristiche fondamentali oggi che gli eventi estremi come alluvioni e ondate di calore sono sempre più frequenti.

“Questa questione, e più in generale l’urbanizzazione, è legata a stretto giro a interessi economici”, accusa Stefano. “Da Expo in poi si è costruito tantissimo: alcuni quartieri sono cambiati radicalmente e altri sono nati da zero. Il Comune si dice green sulla carta, ma quando ci sono interessi in ballo, non ha mai esitato a cementificare“. Il riferimento è alla battaglia per il parco del Campus Bassini del Politecnico, la partita degli scali ferroviari o dello stadio di San Siro. “In nome dei progetti imprenditoriali e del profitto – conclude Stefano – si continua a mettere in secondo piano la valutazione degli impatti ambientali e di sostenibilità. Ma se non si cambia presto rotta, Milano è destinata a diventare una città invivibile“.