In un seminterrato umido e disordinato, due fratelli indiani da vent’anni fanno qualcosa di unico: Mohammad Saud e Nadeem Shehzad salvano rapaci che cadono dal cielo e li curano ridando loro una speranza di sopravvivenza. Questo gesto d’amore è al centro di All That Breathes, film recentemente premiato al Sundance Film Festival 2022 come miglior documentario internazionale. È una storia di speranza, di rispetto per la natura, che racconta sia come l’uomo può influenzare la vita degli animali, ma anche il dramma dell’inquinata realtà dell’India, gli aspetti della crisi climatica e molto altro. Come il film My Octopus Teacher, premiato agli Oscar 2021 e vincitore anche ai Bafta Awards sempre per la categoria documentari, la pellicola indiana del regista Shaunak Sen rimette al centro proprio il rapporto tra uomo e animali raccontando una storia straordinaria.

Da vent’anni due fratelli che vivono nella zona di Wazirabad, quartiere sovrappopolato e povero di Nuova Delhi, si prendono cura di quei rapaci, come il nibbio bruno, che soffrono per più ragioni, dagli impatti con gli edifici in una città dal cielo grigio e l’aria irrespirabile, sino a quelli feriti a causa dei cavi elettrici, oppure per i fili degli aquiloni che volano nei cieli densi di smog. Ogni giorno a Delhi tantissimi uccelli cadono così a terra con poche speranze di riuscire a tornare a volare.

 

“All That Breathes” (foto: Sundance Institute)  

Mohammad Saud e Nadeem Shehzad nel documentario raccontano di essere sempre stati innamorati degli spettacoli degli uccelli nel cielo, dei loro voli, degli stormi e della bellezza della natura.

 

In una Delhi che nel film appare come apocalittica (e dove appunto cadono gli uccelli dal cielo), buona parte del documentario viene girato all’interno del seminterrato-garage dove i fratelli – fra mille altri oggetti della lavanderia di famiglia – si occupano della salute degli uccelli curandoli fino a rimetterli in libertà.

 

Quando erano più piccoli i due indiani si appassionarono al culturismo, studiando muscoli, tendini e altri segreti dell’anatomia: conoscenze che hanno poi cercato di sfruttare – in maniera  autodidatta – per comprendere come “aggiustare” gli uccelli. Li curano, fasciano le ferite, steccano le ali tagliate rimediando alle ossa rotte. “Secondo la superstizione indiana i rapaci sono uccelli sfortunati e in molti li odiano”, ha spiegato Shehzad, 44 anni, all’Afp. “Non possiamo abbandonarli” raccontano nel film da poco premiato che Hollywood Reporter ha definito come una “piccola meraviglia di documentario”.

 

Un film, girato per tre lunghi anni, che mostra tutti gli aspetti di una delle città indiane più complesse e inquinate al mondo: dai fiumi schiumosi all’aria irrespirabile, alle discariche su cui volteggiano i rapaci affamati sino alle strade dove convivono uomini e animali. Ogni “ferita” della città viene raccontata con l’occhio attento del regista e le parole dei due fratelli, che nel loro garage si ritrovano a curare anche 100 uccelli contemporaneamente.

“All That Breathes” (foto: Sundance Institute) 

Come racconta la Bbc, nonostante la durezza di alcune immagini, dal film si evince come da quella cruda giungla urbana emerga un segnale di speranza per il futuro, alimentato proprio dall’amore dei due fratelli per i rapaci: un amore che si ritrova nell’intenso sguardo con cui gli uccelli fissano i loro salvatori, e viceversa.