“Sembra incredibile, ma i rifiuti che più riemergono dai canali di Venezia sono i penumatici. Di ogni tipo. Ma dai fondali abbiamo recuperato motori di barche, materiale edile, carrelli della spesa e perfino una vecchia macchina da scrivere e una biciletta. Ma non ci fermiamo qui. Tra poco sulle gondole ci sarà un retino con cui ‘pescheremo’ la plastica che galleggia. Anche se siamo con i turisti”. Andrea Balbi, i canali di Venezia li conosce bene, è il presidente dell’Associazione dei gondolieri, una delle più antiche della città. Gli anni trascorsi a vogare per rii sempre più intasati di rifiuti, hanno convinto lui e i suoi colleghi che era arrivato il momento di dare una mano per ripulire i canali. “Un gesto per dimostrare l’amore che abbiamo per Veneziaa”.

Il gruppo di gondolieri sommozzatori ricevuti a Palazzo Ducale
Il gruppo di gondolieri sommozzatori ricevuti a Palazzo Ducale 

Così, i gondolieri appassionati di immersioni, (hanno creato il gruppo sommozzatori della categoria), hanno deciso di mettere a disposizione la loro abilità che utilizzavano nel tempo libero, a disposizione della loro città: a titolo gratuito e manualmente una giornata al mese, la dedicano a ripulire i fondali dei canali. Non avevano però messo in conto che il gesto ambientalista dei gondolieri sarebbe rimbalzato sui media di tutto il mondo e accolto dai veneziani con entusiasmo. Insomma, un successo? “Ogni volta che ci immergiamo vengono a vederci i bambini, i ragazzi delle scuole. Siamo contenti perché così gli insegniamo che amare la propria città significa anche pensare alla sua salvaguardia e quanto sia importante che ognuno di noi faccia un gesto concreto”. 

Ogni volta che scendono nei canali, i gondolieri del Gruppo sommozzatori recuperano tra le 4 e 6 tonnellate di rifiuti:  pezzi di arredamento, scarti di cantiere e della vita di tutti i giorni. E tanta plastica. Una gran quantità di spazzatura accumulatasi sui fondali nel corso degli anni, contribuendo a inquinarlo e a intorbidirne le acque. 

Ma l’iniziativa che era partita in via sperimentale, visti i risultati, è stata ora oggetto di un vero e proprio accordo tra l’associazione retta da Andrea Balbi e la giunta del sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro. Con tanto di delibera che contiene gli indirizzi per la realizzazione di un nuovo ciclo di interventi per un periodo di due anni. Una volta al mese. Si è cominciato il 30 ottobre con la raccolta di 5 quintali di rifiuti in un solo canale da cui è stato ripescato perfino un monopattino. Le prossime uscite, il 27 novembre e il 18 dicembre.  Ovviamente, i gondolieri non possono caricarsi sulla gondola lavatrici e pneumatici. “Il Comune ci mette a disposizione le barche di Veritas, perché quelli che raccogliamo sono considerati rifiuti speciali e vanno smaltiti in un certo modo, inoltre, c’è bisogno della pattuglia di vigili urbani per la chiusura al traffico dei canali”.

Un retino sulla gondola per “pescare” la plastica

“A preoccuparci comunque è soprattutto la plastica, per questo ci è venuta l’idea del retino – spiega Andrea Balbi, e una volta tanto, non dà la colpa ai turisti – Sono davvero rare le persone che compiono il fatidico ‘cattivo gesto’, come buttare una lattina in canale. Spesso si tratta di buste di plastiche trascinate dal vento, bottiglie e bicchieri caduti per sbaglio. Diverso è il discorso per i copertoni, di solito utilizzati come parabordi per le barche che trasportano merci: spesso le cime si allentano e cadono in acqua. Non c’è possibilità di riprenderli perché si adagiano sul fondale e non risalgono in superfice. Stiamo cercando di convincere i veneziani a utilizzare parabordi leggeri che se si allentano, galleggiano. Un altro piccolo cambiamento”.

Sentinelle della città

Ma i gondolieri che vogano tra il Canal Grande e nei canali lungo le fondamenta sono come “sentinelle” di Venezia, di cui vedono le ferite. “Cosa ci preoccupa? Oltre la plastica in acqua, il moto ondoso causato dalle barche a motore. Ce ne sono troppe e non è sostenibile – dice senza mezzi termini il presidente dei gondolieri – Intendiamoci, non siamo uno contro l’altro: noi che andiamo a remi e chi va a motore, ma bisogna preservare questa città e solo guardandola dall’acqua si ha la percezione dei danni che crea il moto ondoso. E noi, che passiamo da anni lungo gli stessi canali, ci rendiamo conto di quanto ormai siano visibili gravi e visibili. Ad esempio, nelle fondamenta dei palazzi. E proprio li che anno dopo anno vediamo crearsi lesioni che diventano sempre più profonde. Sempre più complicate da risolvere. La nostra città è troppo fragile per aspettare ancora”.