Le piante si muovono, magari a ritmo di lumaca, ma lo fanno davvero. Si arrampicano lungo colline, colonizzano nuovi spazi, attraversano le pianure. Quello vegetale è un mondo che non sta mai fermo, sollecitato in continuazione dal mutare delle condizioni ambientali. Per adattarsi all’aumento delle temperature alcune orchidee che crescono spontanee sulle nostre Alpi oggi sono in grado di spostarsi ogni anno di circa cinque metri più in alto. Altre che non possono più contare sul loro insetto impollinatore, che si è estinto, hanno imparato ad autofecondarsi.

Certo, la maggior parte delle specie europee non è in grado di fare questo scatto evolutivo ed è destinata al declino. Ma le orchidee, un terzo di tutte le specie da fiore, per sopravvivere possono contare su strategie inconsuete e trucchi da illusionista. Come rivelano i risultati di un recente studio dell’Università di Padova, in collaborazione con il Museo Civico di Rovereto sulle capacità di adattamento di queste piante, presentati a margine della mostra mercato internazionale Orchidarium, la principale iniziativa botanica del Muse di Trento dedicata agli appassionati di orchidee.

Per valutare lo stato di salute delle orchidee del Trentino, dove crescono i due terzi delle specie spontanee delle Alpi, tra il 2018 e il 2019 i botanici hanno verificato sul campo le oltre cinquantamila segnalazioni registrate negli ultimi trent’anni. Dai dati risulta che una buona parte delle piante, in particolare quelle che crescono negli ambienti subalpini, stiano salendo di quota per bilanciare gli effetti del riscaldamento globale.

I ricercatori hanno calcolato che per compensare l’aumento delle temperature dovrebbero muoversi a una velocità compresa tra i 3,8 e i 5,5 metri all’anno. Ma dagli anni Novanta a oggi solo un piccolo gruppo di orchidee spontanea ha raggiunto il traguardo come Orchis mascula, Dactylorhiza sambucina e Nigritella rhellicani. Oltre il 50% del campione osservato rischia in futuro di cadere nel baratro perché troppo lento o perché non si muove affatto. Alcune, come Orchis moria, sbagliano addirittura strada e perdono quota. Oltre anche ai cambiamenti climatici, rivela lo studio pubblicato sulla rivista internazionale Nature Communications, anche l’alterazione degli habitat contribuisce a ridurre di quasi il 20% le possibilità di sopravvivenza delle orchidee europee.

Ma in scena a Orchidarium si potranno ammirare curiose specie botaniche tropicali propagate a partire dalle piante in natura. “Le orchidee ci affascinano per la loro varietà morfologica – spiega Helen Wiesinger, botanica del Museo delle scienze – ma oltre all’aspetto estetico sorprendono anche da un punto di vista evolutivo. Hanno alcune tra le tattiche riproduttive, di sopravvivenza e di accrescimento più complesse e variegate nel regno vegetale”. Come un’orchidea del genere Dendrobrium, che per attirare l’insetto impollinatore, una vespa, rilascia sostanze simili a quelle emesse dalle prede quando sono in uno stato di paura. “Un’altro caso interessante – conclude Wiesinger –  è quello di Ophrys apifera, un’orchidea comune in Europa e impollinata esclusivamente da una piccola ape del genera Eucera, che oggi si è del tutto estinta. La pianta, che immaginavamo svanisse con il suo insetto, ha imparato al contrario ad impollinarsi da sola”.