NEW YORK – Compie 150 anni, ma non li dimostra. Nel senso che la natura protetta dal parco di Yellowstone, il primo creato negli Stati Uniti, è rimasta grosso modo come era nel 1872. E questo è già un enorme successo. Ora si tratta di capire come garantirgli almeno un altro secolo e mezzo di vita, preservare gli animali che lo abitano, ma allo stesso tempo consentire agli esseri umani di goderlo senza distruggerlo.

La casa dell’orso Yoghi, benché abitata dai nativi americani da almeno 11.000 anni, aveva attirato l’attenzione dei bianchi fin dalle prime esplorazioni condotte verso l’Ovest. Grosso modo dall’epoca di Lewis e Clark, che ne avevano sentito parlare ma si erano tenuti più a nord, lasciando però che il collega John Colter lo raggiungesse nel 1807. L’interesse nasceva certamente dai suoi geyser come l’Old Faithful, che siedono sopra la caldera del più grande sistema vulcanico nell’America settentrionale, secondo alcuni geologi ancora pronto ad esplodere.

Ma anche per la natura, la conformazione delle sue montagne, la vegetazione, gli animali. Per capire la sua unicità, però, era servito quasi un secolo. Fino a quando il geologo Ferdinand Hayden lo aveva visitato, convincendo poi il Congresso a preservarne il territorio. Così il primo marzo del 1872 il presidente Ulysses Grant aveva firmato l’Act of Dedication che aveva creato lo Yellowstone National Park, il primo negli Usa, e secondo alcuni nel mondo.

(foto: Mladen Antonov/Afp via Getty Images) 

Naturalmente i proprietari terrieri, i cacciatori di frodo, gli imprenditori di miniere e industrie, e adesso magari anche quelli del turismo, hanno cercato in ogni modo di violare la regione, cacciando anche le 27 tribù “indiane” che l’abitavano da sempre. Il parco però è ancora là, tra Wyoming, Idaho e Montana. Copre 8.983 chilometri quadrati, e custodisce 300 specie di uccelli, 16 di pesci e 67 di mammiferi, tra cui ovviamente bisonti e grizzly. Dal 1978 è diventato un World Heritage Site dell’Unesco, e nel 2020 è stato visitato da 3,8 milioni di persone, nonostante l’inizio della pandemia di Covid. O forse proprio per quello. Nel frattempo il suo nome è stato appropriato anche da Hollywood, orso Yoghi a parte, per intitolare la serie televisiva con Kevin Costner, che crea dipendenza da video proprio raccontando le tensioni del nuovo West, fra rancher, indiani, protettori del parco e imprenditori senza scrupoli.

Gli attori della serie tv “Yellowstone”: (da sinistra) Kevin Costner, il produttore Taylor Sheridan, Kelly Reilly, Luke Grimes, Cole Hauser, Kelsey Asbille, and Gil Birmingham (foto: Phillip Faraone/Getty Images/Viacom) 

Nella realtà, qualche problema di gestione e sopravvivenza lo ha pure il vero Yellowstone, a partire dall‘incognita sugli effetti che i cambiamenti del clima potrebbero avere sul suo ecosistema. La pandemia ha complicato gli accessi, ma si spera che ora si torni verso la normalità. Anche l’affollamento però è un problema, con l’introduzione dei mezzi e le tecnologie moderne, come quando i ranger avevano dovuto vietare le snowmobile perché avevano creato un traffico tipo quello di Times Square.

(foto: Bill Schaefer/Getty Images) 

La gestione dei bisonti è finita in tribunale, dove a gennaio il giudice Randolph Moss ha ordinato allo U.S. Fish and Wildlife Service di rivedere la decisione di non trattarli più come una specie a rischio.

Passando agli esseri umani, tra le iniziative prese per celebrare il compleanno c’è anche il ritorno degli “indiani” nella propria terra, come ospiti del progetto dello Yellowstone Tribal Heritage Center, finalizzato proprio a ricordare e valorizzare la loro presenza millenaria. Il tutto per fare in modo che tra un secolo e mezzo si possa ancora celebrare l’anniversario del primo parco creato in America.