È ancora presto per dire se siamo in presenza di una vera e propria inversione di tendenza, ma i dati più recenti sulle commodity agricole fanno ben sperare. Anche perché i rialzi di inizio 2022 non hanno fin qui inciso solo sugli investitori, ma anche sull’accesso al cibo in varie aree del pianeta.

Correzione in atto

Sta di fatto che il Fao Food Price Index, indicatore dei prezzi mondiali delle materie prime alimentari, a settembre è calato per il sesto mese consecutivo (-1,1% rispetto ad agosto), raggiungendo quota 136,3 punti. Anche se questo livello resta comunque superiore (nell’ordine del 5,5%) rispetto a settembre del 2021.

La correzione è stata molto forte nel campo degli oli vegetali (-6,6% da un mese all’altro), mentre i cereali hanno continuato a salire (+1,1% su agosto), a causa della siccità diffusa negli Stati Uniti e in buona parte del Sud America. I prezzi mondiali del mais sono invece rimasti per lo più stabili poiché il dollaro Usa forte ha contrastato la pressione di una prospettiva di offerta più limitata.

Incertezza come tratto dominante

Quanto al futuro, la situazione resta ricca di incognite. “I mercati faranno fatica anche nel 2023 a ricostituire livelli adeguati di scorte, condizione che aiuterebbe a contenere la volatilità di prezzo”, ha dichiarato Mauro Bruni, presidente di Areté in occasione dell’ultima edizione di Commodity Agricole. Una sintesi che aiuta a capire quanto sia incerto lo scenario dei prossimi trimestri tra conflitto in Ucraina, susseguirsi di eventi naturali estremi e speculazione finanziaria.

Se nel 2021 la parola d’ordine era spillover/contagio, per la capacità dei mercati di influenzarsi a vicenda al rialzo, sottolinea un report presentato durante l’evento, l’anno che sta per finire passerà alla storia come quello della differenziazione.

Uno scenario diversificato

La situazione delle scorte resta complicata sul fronte dei cereali e questo, secondo le analisi di Aretè, apre le porte a un proseguimento della volatilità.

Potrebbero restare su livelli elevati le quotazioni di semi e oli vegetali, a causa delle numerose emergenze climatiche (soprattutto la diffusa siccità nelle aree di produzione). Mentre sul fronte del cacao le scorte restano elevate e questo impedisce un’impennata dei prezzi.

Al di là degli aspetti congiunturali, ci sono poi ragioni finanziarie dietro le forti escursioni dei prezzi. I mercati delle commodity agricole hanno un comportamento più simile ai beni industriali rispetto a quello dei prodotti agricoli in senso stretto. Gli scambi di strumenti finanziari derivati sono in costante crescita e questo spesso porta a uno scollamento rispetto ai fondamentali del sottostante. Uno scenario non così diverso da quanto si registra negli ultimi tempi sul Ttf di Amsterdam relativo al gas, con la speculazione che gioca un ruolo decisivo nell’orientare i prezzi.